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Corte d'Appello di Bologna > orario di lavoro
Data: 15/03/2006
Giudice: Benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 15/06
Parti: Slc Cgil/Vodafone Omnitel s.p.a.
ART. 18 D.P.R. 20.5.1987 N. 270 ART. 44 CCNL COMPARTO SANITÀ 1.9.1995 ART. 7 CONTRATTO INTEGRATIVO CCNL COMPARTO SANITÀ 7.4.1999


La Corte di Appello di Bologna, ha rigettato l’appello proposto da alcuni infermieri e tecnici di radiologia dipendenti dell’Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia i quali, tra l’altro, avevano rivendicato il diritto di usufruire di un giorno di riposo settimanale compensativo, tutte le volte che erano tenuti al servizio di pronta disponibilità, - ex art. 18 del D.P.R. n. 270/1987 poi sostituito dall’art. 7 del ccnl integrativo del cnl del personale del comparto sanità del 7.4.1999 - in giornata festiva, sia che a che questa segua effettiva chiamata in servizio sia che tale chiamata non intervenga, nonché il risarcimento dei danni per omessa concessione del riposo compensativo ed il pagamento delle indennità di cui ai commi 6 e 8 dell’art. 44 del ccnl sanità 1.9.1995. La Corte di Appello di Bologna, esaminando la normativa contrattuale disciplinante il servizio di disponibilità, ha distinto l’ipotesi della reperibilità attiva da quella passiva, a seconda che il dipendente sia o meno chiamato in servizio: nella prima ipotesi l’attività prestata è computata come lavoro straordinario o compensata con recupero orario, nella seconda ipotesi, ove la reperibilità coincida con un giorno festivo, spetta un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale (in quanto il lavoratore non rende in giorno festivo una prestazione di lavoro che eccede l’orario settimanale). Il fondamento di tale diverso trattamento contrattuale risiede nel principio individuato dalla Suprema Corte secondo il quale il mero obbligo di reperibilità non equivale ad una prestazione lavorativa e quindi impone il riconoscimento al lavoratore non di un giorno di riposo compensativo, ma solo di un corrispettivo del sacrificio, minore di quello di un'effettiva e piena prestazione (Cass. n. 5245/95 e n. 3419/98).

Pertanto la Corte di Appello di Bologna ha ritenuto che il lavoratore in pronta disponibilità in giorno festivo non chiamato in servizio, in aggiunta al compenso economico, in virtù delle disposizioni contrattuali, ha la facoltà di scegliere se fruire o meno del riposo compensativo, prestando nel caso un’attività lavorativa quantitativamente più ampia nei restanti giorni della settimana (dovendo il totale complessivo delle ore di lavoro settimanali rimanere invariato), ma ha anche il dovere di manifestare al datore di lavoro la sua volontà di usufruire del riposo compensativo proprio in quanto implicante una sostanziale variazione del suo orario di lavoro settimanale da contemperare con le specifiche esigenze del servizio. Nel caso di specie l’appello è stato respinto perché i lavoratori non avevano dedotto e dimostrato di aver richiesto all’Amministrazione appellata di fruire del giorno di riposo compensativo con diversa articolazione dell’orario settimanale.




Corte d'Appello di Bologna > orario di lavoro
Data: 24/11/2005
Giudice: Schiavone
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 582/05
Parti: Flai Cgil/British American Tobacco
LIMITI SETTIMANALI E GIORNALIERI ALL’ ORARIO DI LAVORO – ECCEZIONE DI INADEMPIMENTO – PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI – ILLEGITTIMITA’


La sentenza della Corte d’Appello si inserisce in un contenzioso che ha carattere praticamente seriale e che ha coinvolto moltissimi portalettere. La vicenda trae origine dal ricorso con cui Poste Italiane S.p.A. chiedeva l’accertamento della legittimità della sanzione della sospensione di otto giorni irrogata al dipendente per l’omessa consegna, secondo il sistema dell’areola, di tutta la posta nell’arco di una determinata giornata lavorativa. Il Giudice di primo grado respingeva il ricorso del datore di lavoro, annullando il provvedimento disciplinare e dichiarandolo illegittimo.

La Corte d’Appello di Bologna, pronunciatasi a seguito dell’impugnazione della sentenza di primo grado da parte di Poste Italiane, si è uniformata all’orientamento del Tribunale ed ha respinto l’appello della società con una sentenza che affronta le diverse problematiche in materia di limiti legislativi e pattizi all’orario di lavoro.

La Corte - esclusa l’applicabilità nel caso di specie del d.lgs. 66/2003 - individua anzitutto i limiti legali (8 ore giornaliere e 40 settimanali) e contrattuali (6 ore o 7 ore e dodici minuti giornalieri e 36 ore settimanali) in materia di orario di lavoro, per poi affermare, anche alla luce della giurisprudenza in materia (cfr. Cass. 15419/00; 817/99, 6995/96, 5616/85,2729/83), che “la concorrenza dei due limiti, cioè sia quello giornaliero che quello settimanale” è unanimamente riconosciuta.

Nello specifico i giudici di secondo grado, ritengono che la contrattazione collettiva di settore ed anche le disposizioni aziendali, pur prevedendo i due limiti, stabiliscono inequivocabilmente che per quanto con il precedente regime normativo potesse essere articolato in maniera “flessibile”, l’orario di lavoro non avrebbe mai potuto superare né il limite settimanale (trentasei ore), com’è pacifico, ma neppure quello giornaliero di otto ore, chè la deroga riguarda esclusivamente la modulazione in sei ore e sette ore e dodici minuti”.

Quanto al provvedimento disciplinare, la Corte richiama la sentenza 13194/03 della Cassazione secondo cui “nelle azioni a carattere disciplinare (ex art. 7 St. Lav.) siano esse confermative o di annullamento del provvedimento, l’onere della prova della legittimità della contestazione gravi sul datore di lavoro” e ritiene insussistente e comunque non provato, nel caso di specie, l’inadempimento del dipendente. Anzi, i giudici di secondo grado, qualificano la condotta del lavoratore, consistente nel rifiuto di prolungare la prestazione oltre l’orario d’obbligo retribuito, come una vera e propria eccezione di inadempimento. Infatti, prosegue la sentenza, citando la Cass. 12161/03 “nei contratti con prestazioni corrispettive, qualora una delle parti adduca, a giustificazione della propria inadempienza, l’inadempimento o la mancata offerta di adempimento dell’altra, il giudice deve procedere alla valutazione comparativa dei comportamenti, tenendo conto…anche e soprattutto dei rapporti di causalità e proporzionalità esistenti tra le prestazioni inadempiute, della loro incidenza sulla funzione economico-sociale del contratto, dell’equilibrio sinallagmatico del rapporto e degli interessi delle parti”.




Corte d'Appello di Bologna > orario di lavoro
Data: 15/05/2008
Giudice: Migliorati
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 827/04
Parti: Carlo G. / Foxair SpA
REFERENDUM – ELEZIONI AMMINISTRATIVE - PROTRAZIONE DELLE OPERAZIONI OLTRE LA MEZZANOTTE - DIRITTO AL RIPOSO PIENO PER TALE GIORNATA


Art. 11, legge n. 53/90

Art. 1, legge n.69/92

 

Gli appellati, tutti dipendenti di Telecom Italia S.p.A., avevano partecipato alle operazioni di scrutinio delle Elezioni Amministrative e per il Parlamento Europeo  tenutesi nelle giornate di domenica e lunedì 13-14 giugno 1999. Inoltre una lavoratrice aveva partecipato anche  alle operazioni di scrutinio del Referendum tenutesi nelle giornate di domenica 18 aprile 1999 e del ballottaggio per le Elezioni del Sindaco del 27 giugno 1999.

L’azienda a questi lavoratori aveva concesso di poter usufruire come unica giornata  di riposo “pieno” quella del martedì successivo, concedendo solo “mezza giornata” (dalle 8 alle 12) per il mercoledì, giustificando la sua condotta con il fatto che le operazioni di scrutinio del lunedì erano iniziate alle ore 14. I lavoratori erano ricorsi in giudizio avanti al Giudice del Lavoro di Bologna che accoglieva il ricorso, dichiarando il loro diritto ad un ulteriore giorno di riposo compensativo retribuito per ciascun ricorrente  e a tre giorni per la lavoratrice che aveva partecipato alle operazioni elettorali per il Referendum e per il ballottaggio per le elezioni del Sindaco.

Pronunciandosi su appello della società, la Corte d’Appello di Bologna conferma la sentenza di primo grado, richiamando numerose decisioni della Suprema Corte – la n. 8400 del 12.6.2002, la n. 5261 del 1994; la n. 1062 del 2000; la n. 10441 del 2000; la n. 8712 del 17.6.2002; la n. 13166 del 5.6.2006  – relative all’interpretazione dell’art.11 della legge 53/1990 (che ha sostituito l'art. 119 del T.U. per l'elezione della Camera  dei Deputati - D.P.R. 30.3.1957, n. 361) e della successiva norma di interpretazione autentica, l’art.1 della legge n. 69/1992. Quest’ultima, in particolare, stabilisce il diritto dei lavoratori impegnati in operazioni elettorali al pagamento di specifiche quote retributive in aggiunta a quelle dell’ordinaria retribuzione mensile ovvero a riposi compensativi per i giorni festivi o non lavorativi che siano eventualmente compresi nel periodo delle operazioni stesse. In base alla prima delle disposizioni citate coloro che, in occasione di tutte le consultazioni elettorali, espletano funzioni presso gli uffici elettorali hanno diritto di astenersi dal lavoro per tutto il periodo corrispondente alla durata delle operazioni. La medesima norma precisa, al 2° comma, che sono considerati  "a  tutti gli effetti giorni di  attività lavorativa" "i giorni di assenza dal lavoro compresi nel periodo di cui al 1° comma".

Confermando la decisione del primo giudice, il Collegio ritiene che con la dicitura “per tutto il periodo”  il legislatore intenda che il computo delle giornate di permesso retribuito vada effettuato con riferimento ai giorni e non alle porzioni di giornata coinvolte nelle operazioni. Da ciò discende da un lato il diritto ad assentarsi dal lavoro per l’intero periodo di durata delle operazioni elettorali, nonché la qualificazione dell’assenza quale attività lavorativa, e dall’altro il diritto all’equiparazione dei soli giorni di assenza effettivamente occupati nell’espletamento delle operazioni elettorali – e non anche delle porzioni di giornata – con i giorni di attività lavorativa.

Del resto, la ratio della norma oggetto della controversia è proprio quella di consentire ai lavoratori che hanno partecipato alle operazioni elettorali di poter fruire di un adeguato riposo.

Conclude pertanto la Corte d’Appello statuendo che “i giorni di sabato e domenica non possono, pertanto, essere considerati neutri dal datore di lavoro, ma vanno calcolati come se fossero stati lavorati presso l’azienda, con l’insorgenza del diritto al riposo compensativo; la giornata a metà è calcolata come se fosse stata impiegata per l’intero presso l’azienda. Di qui l’insorgenza di due e non di un solo giorno di riposo compensativo, coincidenti con il martedì e il mercoledì successivi alla tornata elettorale.”